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Manate con la mollica (Brindisi di Montagna)
preparate da Filomena Potenza
intervistata 6 febbraio 2009 da Maria Giuseppa Grippa

Siamo a casa della signora Filomena a Brindisi Montagna. Oggi ci mostra come si  prepara la pasta con la mollica: Filomena, ci dici allora cosa rappresenta questo piatto, com’è fatto.

Si prepara la farina, la metti sul tagliere e la impasti.

Per fare cosa, quindi?

Per fare le “manate”

Le manate?!

Così si chiamano, così le chiamavano gli antenati nostri

Quindi questo è un piatto proprio antico

Antico, paesano

E si preparava in che occasione?

Nelle feste, questo era per Natale,quando era Natale loro mica avevano la possibilità di comprare la roba e quello che avevano in casa cucinavano  e naturalmente, siccome  ‘sto piatto l’hanno inventato loro e in casa non avevano tante provviste, quello che avevano hanno assemblato.

E quindi tu la farina, sei andata a comprarla dove?

No, la farina, è la nostra!

Quindi usi ancora prodotti non confezionati, voglio dire, dalla grande distribuzione

Abbiamo, per esempio del terreno fittato, ci danno l’affitto, ci danno il grano noi l’andiamo a macinare e facciamo la farina per tutto l’anno.

Ok! Stavi dicendo che questo è un piatto che si prepara in occasione del Natale.

Naturalmente quando è la vigilia di Natale, non si mangia carne, qua nessuno mangia carne, e allora fanno, facevano questo piatto qua. Continuiamo a farlo noi perché ci piace ricordare l’usanza

E secondo te i giovani oggi non la usano questa ricetta?

No, ai giovani piace assai

Ma la sanno fare ‘sta ricetta?

No,non la sanno fare

E pensi che col tempo scomparirà?

Sono sempre gli anziani che…Qualcuno comincia a mettersi a farla…

E quindi come viene condita questa pasta?

Prima si impasta la pasta, si prepara ‘sta manata, dopo si…allora, mica si andava a comprare  la mollica, stesso il pane che facevano prima in casa, siccome  il pane che facevano prima era più di sostanza, la mollica era più dura, pigliavano la mollica, la sbriciolavano, poi in una teglia mettevano l’olio, se c’era, sennò lo strutto, e un po’ di cipolla a soffriggere. Mentre si soffriggeva la cipolla mettevano la mollica sbriciolata, poi mettevano delle noci   schiacciate, pure di produzione loro, e  l’uvetta che la facevano loro; quando vendemmiavano essiccavano i grappoli dell’uva apposta per fare quest’uvetta, che mò si compra ma prima non ce n’era.

Quindi era tutto prodotto in casa?

Sì, infine, all’ultima girata di ‘sta mollica, mettevano lo zucchero per condimento e con questo condivano la pasta.

Ma vedo che tu l’hai già preparata.

Quindi non si può preparare al momento?

No,si prepara tutto anticipatamente e non sono cose che si possono preparare al momento, se ne va troppo tempo.

Ho capito! Filomena, ma tu da chi hai imparato a cucinare? Ti è sempre piaciuto?

Da mia mamma; mia mamma era una cuoca  speciale, sapeva fare tutto: faceva il pane in casa, faceva l’ostetrica.

Pure!

Allora, ostetriche diplomate  non ce n’erano e mia mamma era l’ostetrica del paese, e oltre a quello, sapeva fare tutto: quando sposava qualcuno tutti a lei chiamavano per preparare il pranzo!

Era anche la cuoca dei matrimoni; quindi tu sei cresciuta in quest’ambiente…ma ti è piaciuto o sei stata costretta ad imparare, a forza di vedere?

No, non sono stata costretta a imparare, ti veniva pure la voglia di saper fare qualcosa. Naturalmente poi pure la necessità: mamma faceva il pane che lo doveva vendere, poi ci arrangiavamo a fare la pasta per i pranzi…i pranzi…si cucinavano solo legumi e pasta fatta a mano, chè quello c’era.

E dopo che hai fatto casa tua, ti è piaciuto cucinare lo stesso?

Sì, sempre, porto avanti la tradizione degli antichi: a noi piace assai…le cose che si facevano prima. Hai voglia! Le robe che si potrebbero fare, chè prima con le piccole cose che tenevano in casa si industriavano tanti piatti saporiti che mò  le desiderano.

Quindi questo è il panetto che devi modellare per fare le “manate”?

Si fa un buco al panetto e si comincia a maneggiare…

Cioè le “manate” sarebbero come gli spaghetti, più grossolani

Come i “linguini”

Però vengono lavorati come gli spaghetti

con le mani

…e già, la macchina non c’era !

Non c’era niente! Ciò che si faceva si faceva con le mani; chi era più abile e chi  non lo sapeva fare, però chi non lo sapeva fare aiutava l’altro!

Oggi tu guardi volentieri i programmi di cucina? Ti piace apprendere le ricette moderne?

Sì, mi piace ricordarmele, manco apprendere, pare come se fosse che già le so!

Forse perché, gira e rigira, comunque si ritorna a riscoprire qualcosa…

Stessi piatti che facevano prima, solo che mò è più moderno, hanno le comodità, prima le comodità non c’erano, naturalmente, e ciò che si faceva si doveva fare a mano e basta!

Quando compri gli ingredienti o quando te li trovi in casa, riconosci quelli buoni dal colore, non solo assaggiandoli?

Ma certamente!

Quindi nella tua memoria c’è il colore per l’ingrediente buono

Bisogna stare attenti

Quindi, per altre cose, hai il fornitore di fiducia? vabbè che siamo in un piccolo paese.

e che fornitore di fiducia vuoi avere! Quelli sono i negozietti, ti devi arrangiare…pure la farina, per dire, si potrebbe comprare nei negozi  però non è come quella che ti prepari tu…quella comprata è buona lo stesso…ma

Ti piace essere considerata una brava cuoca? Ti fa piacere? Provi soddisfazione?…prepari i pranzi per la famiglia

(sorride compiaciuta) Sì, mi fa tanto piacere, per gli invitati, quando tieni qualcuno a pranzo hai voglia a preparare! Pure la pasta al forno facciamo a mano, tutto a mano…

Tu, da ragazza, che lavoro facevi?

Prima stavo in casa con mamma, aiutavo lei che faceva il pane; poi, per regola, volevo studiare e quello non me l’hanno potuto far fare perché allora le ragazze non dovevano viaggiare da sole…

Tu saresti andata dove? A Potenza?

A Potenza! Raro qualcuno è capitato che hanno avuto il permesso di andare e hanno studiato, oppure chi aveva la possibilità di stare sul posto.Invece io no! Comunque dopo, a diciotto anni, ho deciso di imparare a fare la parrucchiera e  so’ andata a Potenza, so’ stata a casa di una zia e so’ andata a scuola di parrucchiera. Finita la scuola, allora in paese non c’erano negozi per comprare gli attrezzi e le cose che ci volevano  per fare la parrucchiera, e io, pur disubbidendo i genitori, ho preso il treno e so’ andata a Napoli a comprare l’attrezzatura. E così mi sono messa a lavorare…

 

Hai fatto la parrucchiera qui in paese, praticamente!

Sì, sì, in paese e poi  andavo pure in un altro paese, a scavalca, che  è  Trivigno… è la verità…andavo a Trivigno… un giorno qua, un giorno là…

E come andavi? Col pullmann, con la corriera?

Col pullmann se era possibile, ma a volte, per risparmiare 100 lire, scendevo a piedi alla stazione e  salivo a piedi pure a Trivigno!

E nonostante avessi pure questo lavoro fuori casa, ti è piaciuto cucinare, comunque  l’hai sempre fatto per la tua famiglia…

Sempre, sempre, sempre…

Per i tuoi figli e tuo marito ti sei sempre…

(in dialetto) Mamma si meravigliava, diceva: ”ma tu le sai fare meglio di me!” e io dicevo:” che io ti guardo quando fai le cose, perciò le imparo!”. E’ una qualità di pasta, per allora, speciale perché allora poche persone sapevano farla. Facevano le tagliatelle, che è più semplice da fare.

Quindi, questa è proprio più complessa perché deve avere la giusta consistenza?

La consistenza, l’elasticità, dev’essere regolare, non è che la puoi fare morbida sennò non si manovra bene. Si fa tutto con le mani, si deve stare attenti attenti che dopo non si deve spezzare.Si fa come una matassa di lana.

Quindi adesso hai finito di portare tutto allo stesso livello

Sì…quasi…mò ti faccio vedere come la finisco di fare. Prima i familiari andavano in campagna, e la donna di casa rimaneva in casa, che per la sera doveva far trovare pronto: si preparava dalla mattina presto chi doveva preparare per mangiare! E sempre la  pasta in casa si faceva, i fagioli, le lenticchie perché si facevano nei terreni loro.

Secondo te, la parola “tipico” di adesso, quando diciamo” la cucina tipica”, la cucina…, ma ai tempi vostri usavate ‘sta parola?

La cucina che si usava anticamente, quello è “tipica”, “tipica del paese”…

Ecco, quello vuol dire per te, adesso, ma quando eri piccola, usavate dire: ”oggi facciamo un piatto tipico”?

No,no,non si usavano ‘ste parole, erano troppo, come voglio dire, “civili”. Le parole erano sempre in dialetto… Ecco, poi si gira…

Quindi mi avvicino così… proprio come una matassa!

(in dialetto) Te l’ho detto che è una matassa e poi si comincia a manovrare, così, mentre si pigia con le dita, si passa sempre nella farina, chè la pasta non deve attaccare. Un poco come i cinesi…

 

infatti…

…hai visto i cinesi come fanno gli spaghetti? Un po’ così…Ecco, mò metto l’altra mano così mi aiuto a completare. Bisogna stare attenti a non farla spezzare, deve venire tutta rotonda.

E quanti  tipi di pasta fatta in casa conosci?

Molti, tutti i tipi di pasta. Facevamo la pasta “grattata”, si diceva  prima. Poi la  facevamo con la grattugia:le famiglie si facevano la grattugia, per esempio, prendevano una scatola di rame, gli facevano i buchi più grandi della grattugia propria e là  grattavano la pasta. Si impastava la pasta, poi, bella dura, sopra a ‘sta grattugia si grattava, e quella si faceva in brodo, specialmente quando le persone partorivano o stavano malate: per loro una cosa leggera!

Era la pastina, insomma… quindi vi adoperavate  a fare ogni tipo di formato

…tutti, i “cingoli” che sarebbero i cavatelli ma non  i cavatelli piccoli che si vendono, i “cingoli” sarebbero certi pezzi di pasta così grandi e sono buonissimi con la ricotta dura e pomodoro. Vanno a ruba, mò che fanno i piatti tipici!

Ho capito! Quindi adesso è maggiormente soddisfacente per una donna della tua età che ama cucinare, addirittura dover cucinare riproponendo cose che… ti ricordano…

Cose che prima neanche si sognavano…i figli di oggi hanno imparato, gli piace la pasta di casa…

I tuoi figli l’adorano! E tua figlia sa cucinare le stesse cose tue?

Sì, sì,…le fa, le fa…

Quindi hai trasmesso anche a lei questa passione?

La verità è che lei studia, ha studiato, ma le cose, i piatti paesani se li fa da sé. Ancora un po’ e basta…

Quindi rimane consistente, non è come uno spaghetto

Rimane più grosso! Perfetto! Poi si rompe così. Ecco, è fatto, adesso rimane da lessare. Lessare e condire, attenti sennò s’attacca. Ecco accendiamo l’acqua, questo bolle prima…Prima si faceva al focolaio nelle pentole appese alla “camastra”, così si chiamava, e là la cocevano e come viene cotta là non viene saporita cotta sul gas.

Dici?!

No, aspettiamo che bolle…

Hai messo il sale, quindi lo metti prima?

Sì, aspettiamo che bolle e buttiamo la pasta.

 

Ma tu come usi fare la spesa per mangiare? Abbiamo detto che usi molto le cose che hai in casa, quindi vai a comprare giusto il pane, tutti i giorni?

Io uso che la provvista la devo tenere in casa perché non voglio, non devo aspettare la mattina che prima devo andare a fare la spesa e poi…,se proprio manca qualcosa, e va bene! Ma così eravamo abituati prima, coi nostri genitori che loro tenevano tutto in casa, nelle cantine: le patate le tenevano perché  le coltivavano loro, i peperoni li coltivavano loro; i peperoni si mettevano nelle ceste con la paglia, una fila di peperoni e una di paglia e si tenevano per tutto l’inverno.Mò, invece, ci so’ i congelatori che ci avvelenano. E quindi prima si  teneva tutto in casa: il vino se lo facevano loro, tutto, tutto.

 

Tu cerchi di comprare il meno possibile tutti i giorni?

Certo! Si risparmiava, naturalmente! Si cercava di consumare la roba tua: si ammazzava il maiale? Il maiale, prima, doveva durare un anno, non è che si mangiava “a buffo”, come fanno adesso. Si risparmiava sul cucinare: “oggi”, per esempio,”facciamo il cavolo con le cotiche”, e le cotiche erano già conservate sotto sale, che quando si ammazzava il maiale ‘ste cose si conservano perché servono per l’inverno. D’inverno poi si fanno piatti più pesanti, ma non importa perché fa freddo e si possono mangiare.

Vai a mettere la pasta nell’acqua…

Buttiamo la pasta. Si sta attenti da non farla attaccare e dopo si aspetta che si cuoce.Non abbiamo parlato delle dosi, delle quantità.

Come ti regoli?

A seconda delle persone che ci sono, io, io per lo meno, faccio con le mani, così: è una “vranghetta” per uno…

Questo per la farina, per la pasta…

Ma quando mai a pesare la farina, prima non c’era nemmeno la bilancia!…

E per quanto riguarda il condimento, come fai?

Il condimento lo faccio a occhio, sì, sì. Mi regolo per la quantità del piatto del pranzo, così si mette tutto ciò che si deve mettere. La mollica si prepara prima, la tieni pronta in un piatto e poi lessi la pasta e la condisci. Il sale, già gliel’ho messo.

Tu usi ancora preparare alla vigilia di Natale questo piatto?

Certo, noi per tradizione, è questo che si mangia,sì, la pasta con la mollica. Poi si fa il baccalà indorato e fritto, si fa il cavolfiore lessato, pure indorato e fritto. Questi sono i secondi: in tutti non ci dev’essere carne.

L’importante è che non ci sia la carne!

La pasta si è cotta… Scoliamo. Prima si usava condirla in un solo piatto grande, chè i piatti singoli non ce n’erano e si mangiava là dentro, tutta la famiglia mangiava in quel piatto. Queste sono le “manate” cotte… La pasta è pronta: prendiamo la mollica e la condiamo…come se fosse del formaggio… come se fosse formaggio: bello abbondante; mangiando la pasta mangi pure le noci, l’uvetta che c’è qua dentro. E’ sfiziosa e saporita!

 

Quindi questo è un primo piatto, non è da mangiare come dolce! E’ come se fosse un piatto di pastasciutta…

Uno avrebbe potuto fare gli spaghetti col pomodoro, invece si usa questo pranzo ch’è “magro” …indicato per la vigilia di Natale… noi lo facciamo così, in bianco. Poi c’è chi usa pure che compravano un pezzetto di baccalà, facevano il sughetto e, dopo aver messo la mollica, ci mettevano pure un po’ di sughetto di baccalà.

Quindi, il sugo sulla pasta dolce…

Sì, sulla pasta dolce, sì. Eppure è saporita!

Sì, so che qui apprezzate molto i sapori  dolce-salato, in contrasto…

Sì, l’agrodolce. Per esempio con questa pasta, questo per primo piatto, e poi facevano con lo stesso impasto di pane, uvetta e noci, allora mettevano, come pure noi adesso, peperoni sott’aceto: li conservavano per l’inverno. Per secondo piatto facevano quei peperoni: li svuotavano e li riempivano di quest’impasto. Poi si friggevano piano piano chè non si dovevano far guastare. Dopo fritti si mettevano nel piatto e, nel condimento che era rimasto, si metteva, prima c’era il vino cotto che lo facevano loro,questo vino cotto invece noi mettiamo un po’ di vino, un po’ di aceto e un po’ di zucchero, e viene lo stesso a vino cotto. Quando quello bolle, metti ‘sti peperoni dentro e li fai bollire per 5minuti. Dopo smorzi e li fai riposare una nottata. Il giorno dopo, quel condimento col sapore bello di vino cotto entra tutto nei peperoni che vengono saporitissimi, e si abbinava per secondo.

Ah! Ecco,questo era il primo e c’erano i peperoni all’aceto per secondo.

Sì, i peperoni sott’aceto ripieni!

Filomena, sei stata utilissima, ti ringrazio tanto

Ringrazio io voi… E spero veramente che questi piatti poi vengano… poi apriamo un ristorante, io e te!

Ti ringrazio, sei troppo buona! Grazie e ciao!

A disposizione…

 

Ricetta preparata da Filomena Potenza intervistata a Brindisi Montagna (PZ) da Maria Giuseppa Grippa.

 

 

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